L’altro giorno, lungo la Dutra, l'autostrada che da São Paulo va a Rio de Janeiro, ho visto qualcosa che mi ha toccato profondamente. Un uomo, pellegrino, camminava verso Aparecida. Portava una croce più grande di lui, tanto che la punta graffiava l’asfalto. Non aveva scarpe da trekking, né sneaker come gli altri. Solo un paio di infradito. Infradito!! Eppure camminava. Con forza. Con fede. Con qualcosa che non si può spiegare.
Mi sono commossa. Mi è venuto da piangere, perché per quanto assurdo, ho sentito ciò che provava... Poi mi sono chiesta: sarà un voto? Un ringraziamento? Una richiesta? Non lo so. Ma so che quel gesto mi ha parlato. Mi ha fatto pensare a tutti i cammini che non ho fatto, ma che ho desiderato.
In Italia avevo pensato di fare la Via Francigena, o ancora meglio il Cammino di Santiago. Poi la vita mi ha portata altrove. Ora sono qui, in Brasile, e convivo con questa nevralgia post-estetica che mi limita parecchio. Forse è una scusa, forse no. Ma oggi non posso camminare. Eppure, quel pellegrino mi ha fatto sentire parte di qualcosa.
Ogni ottobre, in vista della Festa della Padroeira, il 12 del mese, migliaia di fedeli percorrono a piedi la Dutra per raggiungere Aparecida, dove si trova il più grande santuario mariano del Brasile. Quest’anno si stima che oltre 140.000 pellegrini attraverseranno la strada, con l’arrivo al santuario con più di 2.000.000 di fedeli.
Lungo il percorso ci sono punti di supporto per sostenere i romeiros: sono stati allestiti oltre 120 punti di appoggio lungo il cammino. Questi offrono acqua e cibo, assistenza medica e massaggi, bagni, docce e spazi per riposare.
Il cammino lungo la Dutra è impegnativo e può essere pericoloso. La Polizia Rodoviaria Federale fa la sua parte percorrendo su e giù la strada, e insieme alla concessionaria RioSP ha lanciato il progetto Romaria Segura 2025, distribuendo gilet, fasce riflettenti e kit di sicurezza.
Ho scoperto che esiste anche la Rota da Luz, un percorso di 196 km che parte da Mogi das Cruzes e arriva al Santuario di Aparecida. Un cammino pensato per chi cerca silenzio, natura, spiritualità. Un cammino che attraversa borghi, colline, e offre punti di appoggio, assistenza, accoglienza. Un cammino che forse, un giorno, potrei fare. O forse no. Ma anche solo sapere che esiste, mi consola.
Perché il cammino non è solo fisico. È anche interiore. Immagino sia fatto di pensieri, di emozioni, di desideri. È fatto di sguardi che si incrociano, di croci che si portano, di passi che si immaginano.
E oggi, il mio cammino è questo: guardare, sentire, raccontare. E forse, un giorno, ripartire.
In Brasile, i pellegrini vengono chiamati romeiros. Il termine deriva da Roma, la città santa, meta di pellegrinaggi fin dal Medioevo. Essere romeiro significa essere in cammino, non solo verso un luogo, ma verso qualcosa di più grande. Significa portare con sé una promessa, una speranza, una fede.
E allora forse lo sono anch’io. Non ho percorso chilometri, ma ho camminato dentro. Ho sentito la fede degli altri vibrare nell’aria, e l’ho lasciata entrare. E questo, per me, è già un pellegrinaggio. Anche perché, per ora, non posso fare altro.
Ammiro tanto queste persone per la loro forza, sia fisica che mentale. E se vogliamo dirla tutta, le invidio anche un po’. Non per dove arrivano, ma per come ci arrivano. Per la determinazione, la fede, la capacità di trasformare ogni passo in preghiera.
Quel signore con la croce, le infradito e il passo lento mi ha insegnato che non serve essere forti per partire. Serve solo avere un motivo. E forse, anche io, quel motivo ce l’ho.