Questo articolo l'ho trovato su Facebook. Mi ha lasciato senza respiro da tanto l'ho trovato vero e triste! Per me rappresenta quello che io uso chiamare il Popolino Italico...
Un popolo sospeso tra normalità e follia.
"Il cervello- come mostrano gli splendidi
risultati delle neuroscienze- è unico e differente. Usare il termine
cervello al di fuori del singolo individuo appare perciò inadeguato.
E tuttavia possiamo allargare il termine anche in relazione al popolo
italiano, cercando di individuarne le caratteristiche mentali
principali positive e negative.
Intanto come appare l’Italia? Un Paese
stressato, stanco, triste e angosciato. Però, è ricco di fascino e
di straordinaria suggestione in quanto luogo di poesia, di arte e di
creatività. La coscienza di essere italiano è una percezione
speciale, gratificante. Che non è somigliante all’essere francese,
inglese o tedesco.
Storicamente, ci sono stati scrittori che hanno
sofferto l’essere italiano. Nelle opere di Dante, Petrarca o
Leopardi, per esempio, è presente un insieme contrastante di
sofferenza, conflittualità, malessere, disagio, pathos, orgoglio,
gioia, sofferenza, dolore”.
E quali i tratti principali e il suo stato di
salute? “E’- d’accordo con Benedetto Croce- la sua storia,
tutta la sua storia, nient’altro che la sua storia. E’ l’idea
di avere una storia in comune, di avere una memoria condivisa e
dunque una coscienza collettiva capace di esprimere un futuro da
progettare insieme.
Circa lo stato di salute mentale, autorevoli
studiosi parlano di malattia sociale, di popolo malato, di un declino
che coinvolge quasi tutti i settori del nostro Paese. Un Paese- ha
scritto il professor Vittorino Andreoli, uno dei maggiori psichiatri
italiani- ‘sospeso fra normalità e follia’. Una diagnosi, quella
formulata nel suo libro “Ma siamo matti”( Rizzoli, 2015), che
contiene una severa e indignata analisi sociale, culturale e
scientifica dei mali dell’Italia.
Un altro autore, Franco Cordero, eccellente
giurista e scrittore, ha parlato di ‘Morbo italico’, che è poi
il titolo del suo libro pubblicato dall’Editore Laterza. Cinque
secoli dopo i morbi ispanico e gallico, descritti da Gerolamo
Fracastoro agli inizi del 1500, “una epidemia italiana- dichiara
Cordero- corrompe pensiero, sentimento, gusto. Recenti sventure
rinfocolano antichi mali italiani.
Sudditi congeniti cercano padrone e lo servono con
una grossa paura d’essere liberi: pensano poco o niente, moralmente
sordi, rifuggono dalla società tragica, né sopportano la cultura e
l’ arte, intenti a tristi farse, l’anarcoide ipocrisia
conformistica maschera un socievole cannibalismo. L’esito-
aggiunge- è una miseria comica.
Una condizione di “marasma”. Una patologia che
ha forme senili. Il paziente (il popolo italiano) appare ‘deperito,
confuso, inerte, catalettico. Come nelle fiere, s’affollano
-prosegue l’autorevole giurista- portaborse, pifferai, sicari,
baciapile pronti ai versi della scimmia”.
Invero, sono numerosi i tratti di personalità del
popolo italiano, che indicano che qualche cosa non va. I sintomi
principali sono, d’accordo con Andreoli, masochismo,
individualismo, invidia, maldicenza, sesso, cibo.
Il termine masochismo deriva dal nome dello
scrittore Sacher Masoch ed è stato descritto per la prima volta
dallo psichiatra Krafft-Ebing per indicare un disturbo della sfera
sessuale e il senso di piacere provato nel subire sofferenza,
umiliazione o maltrattamenti. Riferito al popolo italiano, questo
comportamento rivela storicamente la nostra propensione a compiere
”scelte dannose per la comunità, mostrandoci-sostiene Andreoli-
disfattisti e distruttori di noi stessi”.
Il masochismo si esprime soprattutto in politica,
dove emerge la filosofia del contrario, del compromesso, del ricatto
e del vilipendio. Il grande scienziato e linguista statunitense, Noam
Chomsky, ha dichiarato che gli italiani “non fanno politica,
litigano e seguono le direttive imposte dall’ Europa”. Di qui,
l’incapacità del popolo italiano a “scegliere persone in grado
di guidarci con dignità, consegnandoci con le debite differenze a
politici e politicanti mediocri, ridicoli e privi di spessore”.
Circa il concetto di individualismo, in questa
sede non ci riferiamo alla dottrina filosofica di individualismo, ma
alla connotazione dell’individuo che vuole affermarsi, svalutando e
danneggiando gli altri. Il comportamento indica una ipertrofia di sé
che porta a vedere solo se stessi.
Gli italiani, secondo autorevoli studiosi, sono
individualisti e dunque “egoisti e narcisisti”, entrambi sintomi
di un’alterazione della personalità. Si ritengono “unici,
superiori, con una grandiosa stima di sé, che raggiunge livelli
patologici”.
Domina una morale dell’utile per “me” e per
il “mio”. L’italiano si ritiene libero di agire “al di fuori
delle regole”. L’Italia, per questi autori, è un Paese dove la
morale è morta, dove tutto è possibile e dunque niente è proibito,
a causa dell’assenza della percezione del bene e del male. Stiamo
creando una generazione di ragazzi e una società ‘senza morale’.
L’assurdo- rileva Andreoli- è che ‘per primi i politici e gli
amministratori della cosa pubblica assumono comportamenti immorali’.
Un popolo senza morale muore, rovinando un Paese ricco di bellezza,
storia e cultura e mettendo a rischio la stessa civiltà”.
Sulla nozione di invidia e di sesso-cibo, dobbiamo
dire che l’invidia è un sentimento penoso, che oscilla
dall’ostilità, alla maldicenza sino all’odio violento e
distruttivo verso chi possiede ciò che l’invidiato brama e ritiene
di non poter mai avere. L’individuo che invidia mostra di avere una
pulsione primitiva, distruttiva e autodistruttiva legata a uno stato
di frustrazione, insicurezza e angoscia. Un delirio persecutorio. Per
Freud, una pulsione di morte.
Il popolo italiano è “invidioso”, è la
“disgrazia più grande, per questo studioso, che potesse
capitargli. Mentre altri popoli, come per esempio i francesi,
sono abituati ad esaltare le loro qualità e i lori principi, gli
italiani sono disfattisti e amano la “maldicenza”. C’è una
desiderio inguaribile di dire male, di offendere e di proiettare
sull’altro le proprie malvagità e meschinità.
L’italiano poi è ritenuto “un consumatore
straordinario di sesso-cibo. Il ristorante è “un luogo sacro”.
Il vino è un balsamo, nella depressione e in altri disturbi
maniacali e psichiatrici. L’eleganza è un modo di essere. Arte,
gusto, raffinatezza, creatività: sono qualità innate del popolo
italiano. E’ l’Italia del bello, del sole, della grazia.
E’ possibile a questo punto formulare una
diagnosi e indicare una terapia?
La situazione mondiale preoccupa non solo gli
studiosi, ma anche la gente comune. L’umanità va smarrendosi. L’
Europa è senz’anima e vive la sindrome dell’ansia-paura.
L’Italia è in forte declino e attraversa una condizione di
incertezza e impotenza. Il cervello è bloccato con tutto ciò che è
umano. Sembrano ferme tutte le funzioni della mente del popolo
italiano. Un cervello senza senso, pieno di immagini irreali e di
deliri sociali e televisivi, che impediscono di vedere la realtà.
Dobbiamo smetterla di attribuire tutti i mali alla crisi economica.
La crisi riguarda il senso dell’uomo nel mondo. Si cammina, ma
senza un progetto e una meta, senza sapere chi siamo e dove andiamo.
La terapia è possibile. E’ possibile riattivare
il funzionamento dei sistemi neuronali del cervello. Punto di
partenza, la presa di coscienza della malattia. Quindi, operare per
realizzare, come andiamo sottolineando da anni nei nostri scritti e
come concordano insigni studiosi, un nuovo umanesimo. Che
metta al primo posto la persona e quindi il popolo. E’
dall’umanesimo che derivano principi, valori, norme
giuridiche e norme morali. E’ da questo impianto concettuale che
nasce la politica, contro una “società liquida”, una società,
per Bauman, del ‘non senso’.
Un Paese fragile il nostro, fra vizi (tanti) e
virtù (poche). Ma con la capacità di superare il ‘mal di essere’.
Una condizione esistenziale originata dal decadimento.
Sul mal di vivere e su tanti altri problemi
esistenziali, le neuroscienze stanno fornendo le prime risposte e le
prime indicazioni risolutive. Sul piano storico, l’uomo ha cercato
sempre di superare se stesso come aspirazione al soprannaturale.
Dobbiamo porre l’ attenzione sulle qualità dell’ uomo di
modificare la realtà, nella feconda prospettiva di abitare nuove
frontiere e nuovi mondi. Già Nietzsche affermava che l’uomo è
‘una corda tesa tra l’umano e il post-umano’ e Pascal precisava
che l’uomo è un essere tra l’animale e l’angelo. L’uomo
precisava Heidegger non è ‘la sentinella del nulla, ma il pastore
dell’essere’. Come infine non sottolineare l’illuminante
intuizione di Rosmini, il quale poneva a fondamento della persona
l’essere nelle sue tre forme: ideale, reale, morale.
L’attuazione di un nuovo umanesimo significa
costruire un Paese fondato su solidi sentimenti che si chiamano
empatia, altruismo, generosità. Il post-umanesimo deve nascere
nell’alveo di queste linee vettoriali non per soppiantare l’uomo,
ma per elevarlo.
Una vita senza la ricerca di questi principi e
valori non è degna di essere vissuta.
Guido
Brunetti vive e lavora a Roma. Ha tenuto lezioni nelle Università di
Roma, Lecce e Salerno. Ha esercitato attività sanitaria nella cura
delle malattie mentali come libero professionista e presso
istituzioni p che spaziano nei più diversi campi delle neuroscieze,
della psichiatria e della psicoanalisi. Il professor Raffaello
Vizioli, neuroscienziato di fama mondiale, ha definito Brunetti un
"umanista- scienziato" e uno "scrittore completo".
Un
altro scienziato, Edoardo Boncinelli, ha dichiarato che Brunetti "è
uno dei pochi autori capaci di scrivere un libro sul cervello, la
mente e la coscienza". Collabora alla "Rivista di
psichiatria" e a "Formazione psichiatrica".
ubbliche
e private. Ha svolto altresì attività nel Ministero di Grazia e
Giustizia, Tribunale di Roma e Presidenza del Consiglio dei Ministri.
E' autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche che spaziano nei
più diversi campi delle neuroscieze, della psichiatria e della
psicoanalisi. Il professor Raffaello Vizioli, neuroscienziato di fama
mondiale, ha definito Brunetti un "umanista- scienziato" e
uno "scrittore completo".
Un
altro scienziato, Edoardo Boncinelli, ha dichiarato che Brunetti "è
uno dei pochi autori capaci di scrivere un libro sul cervello, la
mente e la coscienza". Collabora alla "Rivista di
psichiatria" e a "Formazione psichiatrica".