Imparare ad essere casa: un dialogo con me stessa


Un viaggio interiore tra inquietudine e consapevolezza: imparare ad essere casa di sé stessi.


Qualche giorno fa scrivevo di un momento duro, forse uno dei più faticosi che io abbia attraversato.

Scrivevo con il cuore stanco, con la sensazione di voler “tornare a casa”, senza sapere davvero dove fosse quella casa. In quei giorni mi era chiaro solo che non si trattava di un luogo fisico, ma di qualcosa di più profondo, di uno stato dell’anima che avevo perso di vista.

Oggi, rileggendo quelle parole, mi accorgo di quanto fossero vere, anche se incomplete.

Perché il tempo, l’ascolto e il silenzio hanno continuato a lavorare dentro di me, portando alla luce una comprensione nuova: forse non stavo cercando una casa… forse stavo imparando ad essere casa.

È da quella consapevolezza che è nato questo dialogo, come un passo naturale del mio sentire.

Una risposta arrivata non dall’esterno, ma da un luogo intimo e antico, dove finalmente ho smesso di cercare e ho iniziato ad abitare me stessa.

Cara me,

ti scrivo da un tempo che non avresti saputo immaginare,

ma che in fondo sentivi già respirare sotto la pelle.

Ti vedo.

Ti vedo mentre cerchi parole che ti tengano in piedi, mentre provi a capire se sei “abbastanza”, se stai andando nella direzione giusta, se questa inquietudine è un difetto o una chiamata.

Ti vedo mentre ti muovi con rispetto, con timore, con fame di senso.

E voglio dirti una cosa che allora forse non potevi sentire davvero:

non c’era nulla da aggiustare in te.

Non eri in ritardo.

Non eri manchevole.

Non eri incompleta.

Eri in viaggio.

Lo so che a volte ti sembrava di girare in tondo.

Lo so che guardavi gli altri “arrivare” e ti chiedevi perché tu no.

Ma la verità, che ora posso dirti senza paura, è che il tuo cammino non era fatto per arrivare, ma per attraversare.

Hai cercato casa nei luoghi, nelle persone, nelle definizioni.

Ma ogni volta che credevi di averla trovata, sentivi che mancava qualcosa.

Non perché stessi sbagliando strada, ma perché tu non sei fatta per abitare muri.

La soglia.

Il passaggio.

Oggi posso dirti che quella inquietudine non era mancanza: 

era sensibilità.

Era una bussola che funzionava anche quando faceva male.

Non hai sbagliato nulla.

Nemmeno quando ti sei sentita persa.

Nemmeno quando ti sei fermata a riprendere fiato.

Nemmeno quando hai avuto paura di non avere un posto.

Perché ora so, e posso dirlo a voce ferma, che tu sei casa ogni volta che ti permetti di essere vera.

Continua a camminare, sì.

Ma fallo senza l’urgenza di arrivare.

Io sono qui.

E questa volta, quando ti fermi, non sei sola.

Con amore,
la te che ha imparato a restare. 🌿

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